venerdì 27 aprile 2012

Ian Olds parla di "Francophrenia"

Incuriositi dal nuovo, folle progetto di James Franco, Francophrenia? Volete saperne di più? Ecco la lunga intervista di Matt Barone a Ian Olds (che ha co-diretto il film), pubblicata su COMPLEX in occasione della premiere al Tribeca Film Festival, e tradotta in esclusiva per "JAMES FRANCO ITALIA" da Chiara Fasano.

Ian Olds e James Franco al "Tribeca Film Festival"

Non so se fossero queste le vostre intenzioni per Francophrenia, ma devo ammetterlo: ho riso tutto il tempo.
[ride] Fantastico. Per me se non fa ridere, allora non ha funzionato, ma si tratta di uno humor un po' strano. Per esempio, quando l'abbiamo presentato a Rotterdam, questo sense of humor non ha avuto l'effetto voluto che invece ha avuto qui, così non c'è stata una grande reazione. Ma spero risulti come un incrocio tra una commedia e uno show dell'orrore, in qualche modo. Spero faccia ridere. Non deve essere preso troppo sul serio.

Conoscere tutte le cose bizzarre e ambiziose che sta facendo James Franco con il suo status di celebrità mi ha molto aiutato ad abituarmi allo humor e a trovare il tutto molto più divertente.
Esatto, è da lì che si deve partire: capire che questo è un modo per confrontarsi con tutte queste domande che circolano da un po', "Ma che cos'ha in mente James Franco? Ci è o ci fa? È un genio o dice solo cazzate?" Questo è senza dubbio il punto di partenza.

Partiamo dall'inizio. Come vi siete incontrati?
Qualche anno fa ho montato un film chiamato Saturday Night, un documentario diretto da lui sul dietro le quinte della puntata del Saturday Night Live condotta da John Malkovich. Fu presentato al SXSW film festival e anche acquistato – deve ancora essere distribuito, credo ci siano dei ritardi dovuti a robe legali. Quindi, ci incontrammo in occasione di quel film e sapevo che aveva filmato tutti i dietro le quinte della sua partecipazione a General Hospital, ma non l'avevo visto. Ne parlammo, volevamo fare qualcosa con quel materiale, ma non sapevamo bene cosa esattamente; all'inizio lui disse: "Sì, proviamo a fare un documentario", ma io sapevo che voleva fosse un documentario un po’ più sperimentale.

Quando cominciai a vedere il girato, mi resi conto che un documentario tradizionale non sarebbe stato tanto interessante con quel materiale che aveva, così ho avuto l'idea di scrivere questo terzo Franco parallelo. Gliene ho parlato e si è mostrato totalmente aperto all'idea, la trovava buona e divertente. E ha dato a me e al mio co-sceneggiatore Paul Felten molta libertà nel giocare con la sua immagine, l'ho apprezzato molto.

Credo che il film sarebbe molto diverso se si avvertisse che James Franco prenda ogni decisione su James Franco. Invece, parte della tensione deriva dal fatto che, da una parte c'è questo "vero" James Franco sullo schermo e dall’altra c'è questo James Franco immaginario che noi abbiamo proiettato su di lui, il quale è in qualche modo fuori dal suo controllo ed è questa tensione che fa ridere. Ovviamente lui è stato coinvolto e ha collaborato con noi, ma ci ha dato tantissima libertà di sconvolgere la sua immagine; di certo non è intervenuto per accertarsi che la sua "celebrità" fosse mostrata in un certo modo.

Così è diventato un esperimento di cui lui è il creatore, ma anche il soggetto, e questo era importante.

È affascinante pensare che tu non stessi nemmeno sul set, per girare quel materiale, perché in tutto Francophrenia sembra davvero che lui stia recitando per la telecamera. Ti ha mai parlato delle sue intenzioni iniziali, ovvero di portare una troupe sul set? Perché sembra davvero che sia stato tutto studiato.
Sì, in effetti gliene ho parlato, ma alla fine del processo. Lui sapeva di essere in un momento in cui erano in gioco un sacco di spunti interessanti, ma non sapeva esattamente cosa farne. Sembra che stia recitando per la telecamera, ma principalmente perché c'erano tre telecamere, installate da lui e dal suo team, che giravano costantemente. Così io mi sono ritrovato con tutto questo girato e questi momenti assurdi, perché la camera è quasi sempre su di lui, quindi ho cercato di trovare tutti i momenti in cui lui è esposto in un certo modo e che fossero buoni per proiettare la voce interiore o quelli più strani e comici.

È importante che faccia ridere, perché altrimenti diventa noioso e non funziona. Ma allo stesso tempo, non volevo che non ci fosse nient’altro oltre questo, così ho cercato inserire degli elementi più inquietanti, per non dire altro. [ride]

Infatti, se da un lato usiamo il documentario per raccontare questa storia di finzione, dall'altra usiamo l'artificio della storia per strutturare il documentario e permettervi di guardarlo con occhi più freschi. Ci sono persone vere che fanno il loro lavoro ed è piuttosto surreale, tutta l'energia che circola in questa folle soap opera. Quindi penso sia divertente, ma allo stesso tempo disturbante. 

Hai esaminato 40 ore di girato, giusto? Quanto tempo ti ci è voluto per guardare tutto e condensarlo?
È stato interessante. Ogni volta che lavoro ad un montaggio, per prima cosa guardo ogni singolo fotogramma dall'inizio alla fine. Ma questa volta c'era qualcosa di strano – per qualche motivo, quando l'ho avuto in mano, era tutto in disordine, era fuori dalla logica del giorno e io non ero mai stato lì, non sapevo come fosse andata. Ho guardato questo materiale alla rinfusa e mi ha aiutato a capire quanto fosse surreale. Stavo guardando delle cose da diversi punti di vista non connessi tra loro.

Una delle prime scene che ho visto è stata quella di James che cade dall'edificio e dice "Non uccidermi, so dov'è il bambino!" [ride] Dopo di che, ho avuto l'idea, dopo aver passato diversi giorni a esaminare il materiale – probabilmente tre settimane di tempo per vederlo tutto, organizzarlo e pensare a cosa farne. Dopo una settimana mi è venuto in mente che questo avrebbe potuto essere l'inizio del film, ma non ho mai saputo davvero se avrebbe funzionato o meno. È un esperimento veramente strano, non ho mai visto nulla di simile a questo film, quindi non avevo un modello a cui ispirarmi. Ma d'altra parte, ho pensato a David Lynch, in termini di suono e circostanze surreali.

Aveva girato solo durante lultimo giorno di riprese, in cui il suo personaggio muore o ha documentato il suo intero passaggio in General Hospital?
Hanno girato in diversi giorni, ma quello che ho avuto io è stato fatto solo in quel giorno. Originariamente, avevo pensato di vedere dell'altro materiale, nel caso in cui mi fosse stato utile, quando stavo ancora decidendo se ci fossero stati abbastanza elementi per un film. Ma poi ho pensato che l'aspetto interessante fosse proprio il rimanere sempre nello stesso posto e usare anche delle scene vere della soap, e mantenere il tutto molto contenuto. L'altro strato avrebbe avuto origine, uno, dalla voce fuori campo e due, dalla tensione tra l'artificio che stavamo creando e la stranezza del documentario.

Uno degli aspetti più divertenti di Francophrenia, per me, è stato il modo in cui prende in giro quanto di ridicolo c'è nella soap-opera stessa. C'è questa grandiosa voce fuori campo, che è la voce nella testa di James Franco, che, a proposito della trama dice: "Ma non ha alcun senso." Facendo parte del progetto, conoscevi le soap-opera?
Un po' sì, ma non più di quanto le conosca la maggior parte della gente. Ne ho viste alcune, specialmente quando ero più giovane, a casa di mia nonna, ma mai con grande attenzione. James mi ha detto una cosa, e penso sia vero, cioè che quando ha iniziato a lavorarci, si è reso conto che in molti aspetti le soap opera non sono poi così diverse dai convenzionali film di Hollywood. Spesso, hanno la stessa trama melodrammatica, magari più curata nei film.

Poi in questo caso c'è qualcosa che ti permette di guardare queste strane meccaniche della narrazione, ciò che io chiamo "produzione industriale di immagini". Nelle soap opera, è più facile vedere quanto sia ridicolo, ma può accadere anche nei film, quando ti accorgi di quanta energia viene impiegata per qualcosa di ridicolo. [ride] Non voglio essere cattivo, so che molta gente ama le soap.

Io sono sicura che molte persone amano le soap proprio per questo motivo: è divertente guardare una storia ridicola presentata con delle facce serissime.
Sì, esatto. Il melodramma, l’esagerazione – è questo che diverte.

Hai anche co-sceneggiato il film, ma Francophrenia non mi ha fatto pensare a un film che richiede una sceneggiatura tradizionale. Com'è stato il processo di scrittura? Così bizzarro come il prodotto finale?
È vero. È interessante perché in questo progetto il processo di scrittura è diverso dal solito. In questo caso ha comportato due fattori: prima di tutto la sperimentazione e l’improvvisazione e a volte io e Pete abbiamo improvvisato. È una storia astratta e chiaramente non può essere raccontata in modo tradizionale. È stato delicato cercare di costruire la struttura delle progressive disillusioni di James, per così dire. Così la sceneggiatura è partita da lì e Paul [il suo co-sceneggiatore] mi ha aiutato molto.

Com'è facile immaginare, un progetto di questo tipo o funziona o non funziona. Per alcune persone non funzionerà mai, quindi è stato importante mantenere una coerenza strana e delicata che si può sempre avvertire, ma non sempre vedere. È stata questa la chiave per la sceneggiatura, sebbene fosse molto sperimentale e non convenzionale.

Ci sarà stato anche un certo sollievo nella sala di scrittura, visto che il filmato c'era già e poteva essere usato per dei cambiamenti nella sceneggiatura.
Proprio così! La voce fuori campo è la mia, ma originariamente doveva essere di James – e voleva farlo, come io volevo la facesse lui. Ma poi, siccome nel processo eravamo io e Paul a fare tutte le prove, le modifiche e le registrazioni, la mia voce si è in qualche modo incorporata nel video ed era quasi impossibile ri-registrare sopra un'altra voce. Ci sarebbe voluto tantissimo tempo per ricostruire il tutto. Così è rimasta la mia voce.

All'inizio ero preoccupato, perché pensavo di aver rovinato l'effetto, ma alla fine ho pensato che, se la gente si rendesse conto che non era la sua voce, sarebbe stato più facile credere che venisse dalla sua testa e ciò avrebbe aggiunto un altro livello di stranezza, perché il monologo interiore sarebbe stato di fatto proiettato su di lui dall'esterno. Non era l'intenzione originale, ma ho pensato che potesse funzionare.

E l'idea di usare la narrazione è nata all'inizio del processo?
Sì. È buffo, perché mi è venuta in mente nei primi dieci giorni in cui ho passato in rassegna il materiale. La prima cosa che ho pensato è stata, Merda, come faccio a renderlo interessante se lo monto come un documentario tradizionale? In quel momento non so come, ma il suono venne meno per qualche motivo – credo ci fosse stato un problema con la telecamera. Il suono non c'era più e, come un flash, mi venne in mente questo strano film russo di [Aleksandr] Sokurov, Confession. È un documentario sulla marina russa, ma con questa voce fuori campo di un capitano che non si vede mai, ma medita a voce alta durante tutto il film.

Allora ho pensato, E se facessimo lo stesso, ma con la voce di questo James parallelo? Ho pensato fosse un'idea piuttosto bizzarra, ma l'unica adatta a questo film. Ci ho pensato per un altro giorno e poi ho scritto a James e Paul. Entrambi erano d'accordo. È stato uno di quei colpi di fortuna, o non lo so, mancanza di ispirazione forse.

Hai detto che James è rimasto quasi del tutto fuori dal processo creativo, giusto?
Sì, ma non intenzionalmente. Gli mostravo le scene montate volta per volta, ma non ha mai detto, "Elimina questo" o "Non fare così". Ha riconosciuto un certo valore nell'avere qualcuno che manipola la sua immagine, perché, come ho già detto, in qualche modo, è una cosa che gli accade anche nella vita reale. La gente proietta su di lui un sacco di roba, così ha capito che sarebbe stato interessante mettere la sua immagine nelle nostre mani e permetterci di giocarci liberamente.

Quando gliel'ho mostrato, mi chiedevo cosa avrebbe pensato, perché non sempre sono pensieri molto lusinghieri. Ci prendiamo gioco di lui, in qualche modo – in maniera benevola però. Ma a lui è piaciuto immediatamente, l'ha trovato grandioso e divertente.

Questa voce lo prendono in giro diverse volte. Una che mi ha colpito è stata quando lui si arrabbia sempre di più con la gente sul set e per la trama dell'episodio e dice "Ho fatto l'università per una ragione, gente."
[ride] Quella è stata un'aggiunta successiva al film, ma quando l'abbiamo pensata, ne ero davvero entusiasta. Ho pensato che facesse molto ridere, e anche James.

La voce non è sempre proiettata su James Franco. A volte è riferita ai simboli degli omini sulle porte dei bagni, quello per gli uomini e per i portatori di handicap. La prima volta che accade è davvero surreale perché non capisci immediatamente che non è più un monologo interiore. E l'ultima cosa che potessi pensare era che fossero gli omini sulle porte dei bagni a parlare. Com'è nata questa idea?
[ride] Ci sono due momenti in questo film che hanno avuto origine da strane ispirazioni, che piacciano o no. Il primo è quello di cui ho parlato prima, riguardo al film russo e il secondo è stato questo: bisogna guardare tutto il girato, prima di montarlo e io stavo guardando questa ripresa infinita alla porta di un bagno e mi sono detto: "Ma perché sto guardando questa immagine per così tanto tempo?" Era girata con camera a spalla, tra l'altro, quindi c'era davvero qualcuno a fissare quella porta. Solo dopo mi sono accorto che stavano semplicemente aspettando che James uscisse dal bagno.

Quindi mi sono chiesto: "Ok, come possiamo usare la voce in questo caso?" E mi è venuta l'idea che gli omini potessero parlare tra di loro. [ride] Sembrava una cosa ridicola, ma quando l'abbiamo provata, funzionava ed è diventata importante strutturalmente. Non so se sia un'immaginazione di James o qualcos'altro, ma sono le uniche voci che non appartengono a lui, così permetto un tira-e-molla tra sé e sé e aiutano ad alimentare le sue delusioni. Era un'idea molto strana, ma poi si è rivelata estremamente importante.

È stranissimo! Quando è partita, non sono riuscita a capire chi diavolo stesse parlando, ma quella porta è inquadrata per così tanto tempo che alla fine ci arrivi e diventa molto più divertente una volta che l’hai capito.
[ride] E’ un film così strano che non saprò mai che riscontro avrò, ma sono contento che abbia funzionato per te.

Voglio tornare indietro a quello che tu chiami "produzione industriale di immagini". Che ruolo ha giocato il vero episodio di General Hospital nel tuo approccio al progetto?

Quando impieghi così tanto tempo ad un progetto, arriva il momento in cui vuoi tirar fuori qualcosa di più profondo, che abbia delle risonanze a più livelli. Non ho mai voluto che fosse un esercizio personale, un trucco pubblicitario. Da quando ho iniziato a vedere il girato ho avvertito l'energia di tutte le persone che lavorano lì, che creano il "fattore sogno", che costruiscono queste fantasie. C'è la troupe, ci sono gli attori e poi c'è questa celebrità che ovviamente è glorificata, ma allo stesso tempo divorata da questo processo.

Ho lasciato le scene più lunghe dove si vedono i posti e le persone, sembra quasi un paesaggio surreale. Proprio perché è una storia divertente e strana, le scene più lunghe permettono di vedere davvero cosa stanno facendo e dire: "Però, guarda quanta gente lavora per creare queste strane fantasie."

Per me il trucco era bilanciare la tensione tra il non aver paura di essere irriverente e ridicolo e anche fermarmi a dire "Ehi, c’è anche qualcosa di leggermente disturbante qui." [ride]

Quasi all'inizio del film, c'è questa lunghissima scena di James Franco che cammina lungo una fila di fans accaniti e firma autografi e scatta fotografie con loro. Ma man mano che la scena va avanti, diventa sempre più surreale e disturbante – non sai se resterà sempre allegro o perderà il controllo a un certo punto.
[ride] Quello è un momento veramente interessante. Abbiamo visto questa scena milioni di volte, una celebrità acclamata dai fans, ma la cosa migliore da fare, era renderla molto lunga. Non è una manipolazione. Comincia, poi inizi a vedere la brama dei fans e poi ti chiedi, Ehi, ma perché sto guardando questa cosa per così tanto tempo? E che stanno facendo tutte queste persone?

Credo che questo abbia permesso un approccio diverso al materiale. Non si avrebbe lo stesso effetto con un film o un documentario convenzionale, ma proprio perché si trattava di un esperimento, ci siamo sentiti liberi di sperimentare e chiederci come avrebbe reagito il pubblico ad una scena così lunga.

Con tutti i progetti a cui sta lavorando James Franco, e tutte le strane mosse in campo di meta-performance-art, Francophrenia sembra il giusto riassunto di tutto ciò, ma soprattutto, mette tutte le sue intenzioni in prospettiva. Nella tua testa, come interpreti tutto questo giocare intorno all’idea di "celebrità" da parte di James Franco?
Prima di tutto, lo apprezzo molto, perché in fondo questa era la nostra intenzione: cristallizzare tutte queste cose che sta facendo. Quindi apprezzo che tu l'abbia letto in questo modo. Io lo stimo immensamente, perché penso che sia realmente sincero nei suoi obiettivi. Se avesse voluto, avrebbe potuto tranquillamente nascondersi dietro la sua celebrità, fare soldi recitando, non correre nessun rischio, ma lui sta sperimentando tutte le diverse forme d'arte che gli interessano. Ad alcuni piace ciò che fa, ad altri no e sono fatti loro. Ma credo che lui sia estremamente onesto. Ho un immenso rispetto per questo.

8 commenti:

  1. Mi dispiace che nessuno abbia ancora commento questa intervista. Sono curioso di sapere cosa ne pensate di "Francophrenia", anche se vi spaventa ahah!

    Da parte mia, si rafforza ancora di più la stima verso James. Amo il fatto che sia sempre due passi avanti e che abbia una visione artistica della vita. Riprendersi sul set di una soap e dare al girato un significato completamente nuovo, è stato un colpo di genio. Poi leggere il nome di Lynch, mi fa morire dalla voglia di vederlo ORA!

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  2. esatto! è un uomo capace di guardare avanti...ma anche consapevole di correre rischi nel farlo! per me è proprio un genio...il suo estro creativo è infinito e sorprendente! si vede che lo adoro?
    come si legge nell'intervista poteva fare come tanti suoi colleghi "belli da copertina" ed incassare dollari e pagine di gossip, invece, da vero artista qual'è, sperimenta le diverse forme d'arte in modo sempre più originale!

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  3. Verissimo! E mi dispiace che in molti vedano solo presunzione in quello che fa. Al contrario, è mosso dalla curiosità. Forse non gli viene perdonato di essere incatalogabile e imprevedibile, ben lontano appunto dalle molte star che passano dai set a just jared.

    Mi incuriosisce molto la scena degli autografi.

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  4. Adoro questa intervista e adoro ancora di più quest uomo.Grazie per questa intervista Sonny:)Lui è davvero unico..sono davvero pochi gi artisti come lui!Io apprezzo tantissimo il fatto che lui voglia sperimentare tutto quello che gli passa per la testa fregandosene di quello che gli altri possano dire o pensare;e questo conferma ancora di più la sua umiltà e la sua sincerità nel fare le cose!...è uno dei veri e pochi artisti rimasti...è inutile James è GENIALE!:)

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  5. A me incuriosisce ciò che dice questa famosa voce fuori campo. Mi interessa tantissimo vedere da che punto di vista viene esaminato lo status di celebrità.
    Chi lo accusa di arroganza o presunzione evidentemente non lo conosce affatto e non ha le basi per formulare opinioni. Ma fortunatamente c'è chi ha lo spirito critico per giudicare e per capire e apprezzare le sue intenzioni. E comunque sono i fatti che parlano. Massimo rispetto.

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    1. ..e non stiamo parlando del giornalista italiano in trasferta al Tribeca. HAHAH!

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    2. ...come diceva un mio professore del liceo: "ogni riferimento è puramente CAUSALE". XD

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