giovedì 11 luglio 2013

Swim On, Cheever



di James Franco

Per molti, il nome di Cheever evoca l'immagine di ricchi Yankees nei vecchi sobborghi della New York bene. E' vero che molti dei suoi lavori sono ambientati lì, ma questo milieu non era il suo habitat naturale e chi popola le sue storie non è della sua stessa natura.

John Cheever era un "self made man". Proprio come creava le sue storie, così creava le circostanze nella sua vita, in modo da poterne scrivere. Lo scettro del narratore dei ricchi di New York lo regge Salinger e credo sia così - oltre che per la grandezza dei suoi scritti - perché il cuore delle sue storie è la giovinezza. I racconti di Salinger sono parte integrante della formazione degli studenti dell'America liberal, mentre i soggetti di Cheever non sono inseribili nei piani di studi delle scuole. Ma Cheever è un maestro a modo suo e il racconto breve è il suo regno. In onore dei temi sul giovane Holden scritti ogni anno da tutti i ragazzi di prima superiore, ecco una breve analisi del racconto migliore di Cheever, "The Swimmer".


Una delle cose più lodevoli di "The Swimmer" è la sua struttura. E' costruito in modo da esplorare allo stesso tempo la posizione di un uomo nella comunità elitaria della East Coast e la sua perdita della ragione. Entriamo nella storia velocemente. Già dal primo paragrafo comprendiamo il mondo in cui ci troviamo e le persone che lo popolano. Rapidamente ci viene presentato il protagonista, Neddy Merrill, in modo volutamente fuorviante. Sembra che Neddy stia passando un pomeriggio in piscina dai suoi vicini e che la sua vita sia tutta in ordine. Solo alla fine della storia ci viene rivelato che Neddy non viveva nella sua casa già da un po’ di tempo e che aveva problemi mentali sin dall’inizio. Velocemente capiamo che la realtà della sezione iniziale è poco verosimile.

Il piano senza senso di Neddy - di nuotare in ogni piscina compresa tra la casa del suo vicino e la sua - è raccontato in terza persona da un narratore onniscente, in modo che un proposito così strano risulti sì bizzarro, ma con un pizzico di rigore creativo. Il narratore presenta l’idea come una risposta quasi artistica ad una situazione soffocante.

"La sua vita non era condizionata, e il piacere che gli dava questa constatazione non poteva essere spiegato con un complesso di fuga. Gli sembrava di vedere, con un occhio da cartografo, quella catena di piscine, quel corso d'acqua quasi sotterraneo che si snodava attraverso la contea. Aveva fatto una scoperta, aveva dato un contributo alla geografia moderna, e quel corso d'acqua l'avrebbe chiamato Lucinda, col nome di sua moglie. Non era uno che amava particolarmente gli scherzi, né era un buffone, ma era volutamente originale, e si considerava in generale, e modestamente, un personaggio leggendario."

[Il nuotatore, traduzione di Marco Papi, Fandango Libri, Roma, 2000]

Qui l'idea di conquistare il mondo addomesticato della sua comunità rarefatta col nuotare in una serie di piscine, quasi fosse un esploratore alla pari di Magellano, non è presentata in maniera oggettiva; la sua totale assurdità è offuscata dall'idea di una qualche inchiesta distorta e filtrata attraverso il punto di vista di Neddy per mezzo del narratore onniscente, così il progetto risulta ispirato e unico.

Di fatto è una tecnica narrativa incredibile ed è una delle ragioni per cui amo così tanto questo racconto. Ma l’originalità creativa è di Cheever, non tanto di Neddy. Una tale idea nella vita di Neddy è folle, ma la stessa idea in un racconto breve è brillante. Cheever usa il piano di Neddy per mostrare come il primario attaccamento dell'uomo alla Terra selvaggia è stato soppresso dall’addomesticamento. Per Neddy, il folle piano rappresenta anche il suo scivoloso appiglio alla realtà. Neddy ha l'idea, ma Cheever non descrive nessun ragionamento dietro ad essa. Alla fine, il trauma è irruento per le illusioni di Neddy. Ma poiché Cheever vuole che questa rivelazione goccioli pian piano nel corso della storia, si lascia scivolare il folle piano di Neddy all’inizio, con nonchalance.

L'idea della piscina offre anche un graduale sviluppo della pazzia di Neddy e una progressiva esplorazione del suo ambiente. Se ci pensiamo, il viaggio autoimposto di Neddy al principio è bizzarro: ci viene rivelato che la sua condizione è sempre più squilibrata man mano che ogni nuova piscina apre una porta sulla sua storia passata e capiamo quanto sia lontano dalla realtà. Ci vengono presentati anche i ritratti delle persone che popolano il suo mondo. Ogni piscina è accompagnata dalla descrizione del suo proprietario. Descrizioni filtrate attraverso il punto di vista di Neddy, il quale ci permette di capire chi Neddy pensa che siano: ritratti contrastanti con il modo in cui di fatto si comportano quando interagiscono con lui. Crede di essere socialmente superiore ad alcuni. Crede di essere l’unico ad avere il coltello dalla parte del manico, quando invece è solo un ospite non invitato e un tempo un loro strisciante ammiratore.

Alla fine la sua casa si rivela vuota e il suo appiglio alla realtà completamente perso. Le piscine sono come pietre miliari che progressivamente mostrano lo stato del suo deterioramento mentale e culminano nella scoperta che Neddy, in quella comunità, non vive neanche più. In questo momento la scena iniziale è smontata nella sua inverosimilità. Ma nelle pagine finali, l'inizio non conta più. E' servito al suo scopo, da motore per far partire il viaggio del protagonista. E' stato il propulsore che ha fatto partire il razzo attraverso l'atmosfera terrestre e che poi ha fatto cadere giù la coda, una volta che Cheever ci ha portati sulla luna.

fonte Vice / traduzione Chiara Fasano

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