martedì 5 agosto 2014

The Power of the Past in Cormac McCarthy's 'Wake for Susan'



di James Franco


Il mio adattamento del terzo romanzo di Cormac McCarthy, Child of God, è ormai al cinema, così voglio scrivere del suo primo racconto breve, "Wake for Susan", per sottolineare come McCarthy fosse attratto dalla morte sin dall'inizio e cosa faccia di lui l'indiscusso maestro del macabro ambientato nel Sud.

Nel suo primo racconto pubblicato, "Wake for Susan", Cormac McCarthy lascia che il passato faccia capolino sulla scena presente. Alcuni aspetti del passato sono visibili, altri restano fuori dalla nostra portata, creando un senso del mistero. Il passato appare monumentale ed effimero al tempo stesso. Come in Ozymandias di Percy Bysshe Shelley, coesistono un senso di grandezza e dell'orribile, dal momento che gli uomini hanno compiuto grandi azioni e costruito grandi edifici che sono allo stesso tempo commemorati, distrutti e dimenticati.

In questo racconto il passato prende piede nella maggior parte della storia. Di solito con McCarthy, il passato è sommerso dal racconto contemporaneo. Ma in "Wake for Susan", il protagonista—un teenager di nome Wes—fantastica su una ragazza di nome Susan, morta nel secolo precedente al suo. Il suo sogno ad occhi aperti prende piede nella trama in modo che la sua realtà risulti spesso indistinta da quella di lei. Nelle sue fantasie, Wes si raffigura come l'amante di Susan e, poiché queste fantasie sono raccontate come se accadessero nel presente, le azioni della vita reale si confondono con quelle di cui fantastica. Ci sono talmente tanti dettagli che non è mai chiaro se Wes stia nascondendo con le sue fantasie le esperienze reali o se si stia inventando tutto.

Questo approccio permette a McCarthy di mettere in primo piano l'atto creativo dell'immaginazione, il quale dà alla semplice storia una potenza maggiore di quella che avrebbe se non raccontasse di un giovane che si strugge per la morte di un'estranea. L'atto creativo del protagonista che immagina la vita della ragazza è una metafora del ruolo dello scrittore di storie e della storia stessa.

Si gettò con le braccia intorno alla solida lapide e pianse per la sua Susan perduta, per tutte le Susan perdute, per tutte le persone; così bello, così toccante, così perso e distrutto e segnato. (p. 6)

McCarthy ama il passato quanto il suo personaggio e il suo approccio in questo racconto gli permette di narrare la semplice storia di un amore e di una morte giovani attingendo, però, alla grandezza dell'epica storica. Il racconto comincia con una serie di piccoli episodi che presentano il personaggio di Wes attraverso l'azione, in modo che possiamo cominciare a conoscere il protagonista e come si muove nel mondo prima che la fantasia irrompa nella narrazione. E' importante conoscere Wes prima di accedere alla sua mente perché è lì che si fonda la storia nella sua testa. La storia di Susan è raccontata nei minimi dettagli, il che conferisce una palpabile risonanza emotiva.

Ma alla fine, la sua storia è solo una fantasia, per questo è importante che Wes sia subito presentato come un personaggio reale. Lo conosciamo alla fine di una fallimentare caccia allo scoiattolo di domenica mattina. Lo seguiamo mentre torna a casa. Queste azioni lo definiscono come un personaggio solitario. Perfino quando viene nominato un suo amico, questi è chiamato "the Ford boy", a suggerire una mancata intimità e un'amicizia irregolare. L'isolamento pone le basi per le fantasticherie che seguiranno. Poi ci viene mostrato come funziona la sua immaginazione. Dopo aver trovato un antico proiettile, comincia a chiedersi chi lo abbia sparato e contro chi. A questo punto accadono diverse cose—prima suppone che possa essere stato sparato da un colono a un indiano, ma poi scarta quell'idea a favore di una più verosimile.

Sarà stato destinato ad un gioco da tavolo di tempi più recenti, quando gli Indiani erano già tutti andati. Forse sarà stato sparato solo 30 o 40 anni fa. Le vecchie armi da fuoco a carica frontale erano usate in questa parte del Paese fino a non molto tempo fa, lo sapeva. (p. 3)

Accennare agli Indiani e poi lasciar perdere quella possibilità in quanto riconducibile ad un'epoca troppo antica per essere plausibile, McCarthy delinea la storia della regione. Una volta c'erano gli Indiani e poi arrivò un tempo in cui erano tutti andati e poi il tempo presente, contemporaneo al protagonista. E in quel presente apprendiamo che in questa zona lo sviluppo avanza molto lentamente perché si sono usate armi e munizioni antiche fino non molto tempo prima.

Mentre Wes esaminava il proiettile, i boschi si popolavano di spettri sottili, snelli pionieri con corni per la polvere da sparo e marsupi per proiettili appesi alle spalle e con indosso pistole d'ottone dalle canne lunghe con l'impugnatura marrone e dorata. (p. 3)

Abbiamo così il primo accenno al modo in cui Wes sperimenta la storia, il che spiana la strada al suo salto nel passato, quando comincia a contemplare la lapide di Susan. Inoltre, il proiettile porta Wes nel cimitero.

Wes mise in tasca il relitto e camminò con tranquillità nel bosco infestato dal tempo. Fu probabilmente la scoperta del proiettile ad averlo portato a cercare il cimitero. (p. 3)

Questo mondo e questa storia sono già immersi nell'ossessione sul tempo prima ancora di arrivare alla sezione principale, la fantasticheria su Susan.

Appena Wes contempla la lapide di Susan, il racconto al presente svansice gradualmente ed è sostituito dalla fantasticheria al passato—ma Wes, il suo creatore, è presente in entrambi gli spazi, che così si confondono. Wes non sa nulla della vera Susan, così quando la immagina come una ragazza dai capelli biondi e gli occhi azzurri, è come se fosse un autore che sta creando un racconto. Qui, Wes e McCarthy compiono le stesse azioni nello stesso momento. Entrambi stanno ritraendo una persona immaginaria. La lapide è del 1834, un anno per Wes sufficientemente vicino per creare un legame emotivo. Quando Wes paragona il 1834 a due altri anni che ritiene troppo distanti per sentire quella umanità che li ha riempiti, non è a caso che questi anni siano il 1215—quando fu stipulata la Magna Carta—e il 1066, l'anno della battaglia di Hastings. Questa volta si scava nella storia europea, per dare al racconto più profondità. Nel paragrafo successivo, la fantasia prende piede e si può vedere Wes solo nella versione immaginaria di sé, corteggiatore di Susan. Ma la fusione del vero Wes e di quello immaginario è molto potente. Dalla pagina successiva è molto difficile comprendere di quale Wes si stia parlando.

Il ragazzo passeggiò lentamente verso casa e si adagiò debolmente sul letto. Si girò e si voltò tanto che le corde del letto dovettero essere strette per la seconda volta in due settimane.

Qui le due versioni di Wes diventano una, dal momento che si sofferma sui dettagli di quello che immagina. Il corteggiamento di cui fantastica non è ricco di eventi salienti e se fosse raccontato senza la cornice della sua immaginazione, sarebbe una narrazione molto scialba. Ma sono la profonda necessità di Wes di connettersi a quel passato, la sua solitudine, la possibile inabilità a creare legami con persone reali che fanno dell'invenzione di un semplice corteggiamento qualcosa di incredibilmente toccante.

fonte @VICE, traduzione Chiara Fasano

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